Ritrovare la serenità grazie all'arte

Terapia liberatoria per chi la pratica, ma anche per chi la osserva

a cura di Alberto Bonacina

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Bimaristan Arghun - Aleppo, Siria

"Il dolore più grande è non essere desiderati, renderti conto che i tuoi genitori non hanno bisogno di te quando tu hai bisogno di loro. Quando ero bambino ho vissuto momenti in cui non volevo vedere la bruttezza, non volevo vedere di non essere voluto. Questa mancanza di amore è entrata nei miei occhi e nella mia mente. Non sono mai stato veramente desiderato. L'unico motivo per cui sono diventato una star è la mia repressione. Nulla mi avrebbe portato a questo se fossi stato normale".

Queste dichiarazioni di John Lennon, musicista protagonista del Novecento, spiegano il perché della nascita di molte opere d'arte, create per compensare mancanze ed esorcizzare paure. A volte, l'arte è uno strumento liberatorio: nel concepire la propria creatura, l'artista addolcisce un disagio esistenziale e, nel farlo, ricava benessere. Spesso, quando ciò accade, avvertiamo che la realizzazione dell'artista non è bella nel senso estetico comunemente inteso anzi, a volte la sua visione scatena in noi emozioni che ci feriscono. Villa di Asger JornVilla di Asger Jorn (interno) - Albissola MarinaTuttavia l'opera compiuta ci colpisce tanto che non possiamo rifiutarci di definirla bella e, inconsciamente, la accettiamo, liberandoci a nostra volta di tante inquietudini. Da questa convinzione è nata e si è sviluppata, a partire dagli anni Quaranta del Novecento, la disciplina dell'arte terapia, basata sull'idea che osservare, praticare e capire l'arte consenta di migliorare la qualità della vita delle persone. A volte, parlare può non bastare per liberarsi delle proprie preoccupazioni; vedere o creare un'opera d'arte può essere invece una valvola di sfogo tanto efficace da scatenare nell'individuo una sensazione di liberazione, una sensazione tanto forte da rendere più agevole il rapporto con il mondo e con gli altri. Se ciò accade è perché l'arte pone l'individuo a diretto confronto con le proprie gioie e le proprio angosce in modo delicato, senza mai ferirlo; ciò gli permette di maturare un rapporto sereno con se stesso. Certamente l'arte non può del tutto "eliminare" i motivi profondi che rendono infelice un individuo; tuttavia l'immaginazione consente alla persona di creare un "luogo" dove rifugiarsi e dare libero sfogo alla propria emotività accettando, in modo sereno, le contraddizioni della vita e la sua complessità. Volendo fare un esempio utile per comprendere quanta influenza possa esercitare l'arte sulla psiche degli uomini possiamo pensare ai canti militari, strutturati in modo da lenire nei soldati la paura della battaglia. Più di altre arti, la musica può avere una funzione "rasserenante" e "consolatrice"; tale caratteristica le è stata riconosciuta fin dall'antichità. Diversi storici ricordano che essa venne usata per la prima volta a scopo terapeutico nei manicomi arabi. Ciò non deve stupire perché esistono molti resoconti scritti di viaggiatori europei che, fin dal VII secolo d.C., descrivono ammirati questi ospedali dove i pazienti erano trattati con cura e generosità. I manicomi - in lingua araba bimaristan - erano strutture architettoniche volute dai sovrani e costruite con notevole perizia: offrivano ai degenti un ambiente tranquillo e confortevole; erano opere architettoniche incantevoli fornite di giardini, fontane e ruscelli artificiali; il rumore dell'acqua trasmetteva ai pazienti sensazioni di pace, rendendo per loro più facile sopportare la malattia. La musica aveva un ruolo fondamentale: moltissimi gruppi di musicisti itineranti giravano tutto il paese suonando di ospedale in ospedale, mantenendo vivi i canti popolari e portando serenità a persone altrimenti rassegnate. L'utilizzo delle melodie per portare benessere a soggetti malati oggi è in uso in tutto il mondo; la musicoterapia è una dottrina praticata con successo: il principio su cui si basa è la convinzione che il paziente possa, tramite l'ascolto, esprimere e percepire i propri sentimenti, raggiungendo un equilibrio mentale portatore di sensazioni di benessere. Sono stati ottenuti risultati molto significativi con le persone malate di autismo, sofferenti di una condizione patologica per cui tendono a chiudersi in se stesse rifiutando ogni comunicazione con l'esterno. I medici, grazie alla musica, riescono a entrare in contatto con questi malati, favorendo un graduale processo di apertura e un dialogo. È un insegnamento che viene in parte dal passato: i medici islamici che lavoravano nei bimaristan seguivano con profondo convincimento la dottrina del padre della medicina, il greco Ippocrate, studioso che diede grande importanza al dialogo tra medico e paziente e che insegnò ai suoi discepoli che "il primo dovere di ogni medico è chiedere perdono". Questi ospedali erano anche i luoghi dove i giovani imparavano l'arte della medicina e non dobbiamo dimenticare che furono proprio i medici islamici a trasmettere al mondo occidentale le antiche conoscenze della scienza medica greca e persiana. Ancora oggi molti bimaristan sono esistenti e in uso: uno dei più antichi è il bimaristan di Marrakech in Marocco.

Casa-JornVilla di Asger Jorn (esterno) - Albissola MarinaPer ciò che concerne l'idea di poter ritrovare il benessere percorrendo un giardino immersi nell'arte e nella vegetazione è un pensiero che ha attraversato i secoli: in tempi recenti la riflessione è stata riproposta dal pittore e scultore danese Asger Jorn (1914-1973) in Liguria, ad Albissola Marina, il piccolo comune (ha meno di seimila abitanti) famoso nel mondo dal Cinquecento per la produzione della ceramica. Qui l'artista decise di venire ad abitare; nel 1954 comprò una villa in collina con vista sul mar Mediterraneo ed arricchì l'interno e l'esterno con molte delle sue opere, circa centoquaranta creazioni tra ceramiche, tele, vasi, piatti e pannelli. Infine Jorn, creativo inesauribile e laborioso promotore di eventi, lasciò al comune la dimora che divenne una villa museo dove la vegetazione, le opere d'arte e i sentieri, ancora oggi curati con attenzione, concorrono nel donare al visitatore sensazioni di pace che sfociano in un ritrovato benessere. Il dono ricevuto dall'Italia ha grande valore e importanza: Asger Jorn fu infatti uno dei fondatori del gruppo CO.BR.A., movimento artistico d'avanguardia attivo dal 1948 sino al 1951 il cui operato è stato fondamentale per l'arte europea e americana: i suoi componenti crearono capolavori di espressionismo astratto, termini con cui si intende un tipo di pittura radicale, primitiva che nasce per dare libero sfogo alle più profonde inquietudini del creatore il quale, liberandosene, compie un'operazione di catarsi e rigenerazione. Questo tipo di arte, profondamente vitale, appare addirittura anti-figurativa perché si concentra solo sulla liberazione delle emozioni e non sulla rappresentazione di un dato figurativo reale: esteticamente essa si presenta come una pittura non sottostante a regole; tuttavia non dev'essere considerata un'arte "ribelle": essa nasce veramente da disagi interiori profondi che la pittura, la scultura, e il "fare artistico" in generale riescono in parte a placare, donando agli esecutori un senso di benessere e ritrovata, seppur momentanea, quiete. Un artista nel cui operato distinguiamo chiaramente quest'uso liberatorio e terapeutico dell'arte è lo statunitense Jackson Pollock (1912 -1956), personalità problematica che ebbe una vita difficile: già da bambino venne espulso da diverse scuole per indisciplina, da adulto abusò in modo forsennato di alcool, una dipendenza contro cui combatté per tutta la vita e che infine lo portò alla morte in un incidente avvenuto quand'era alla guida della sua macchina, in stato di ebbrezza. Della pittura diceva: "Quando sono "dentro" i miei quadri, non sono pienamente consapevole di quello che sto facendo. Solo dopo un momento di "presa di coscienza" mi rendo conto di quello che ho realizzato... c'è una pura armonia, un semplice scambio di dare ed avere". Sempre, quando osserviamo i dipinti di Pollock, dobbiamo essere consapevoli che ciò che vediamo sulla tela non sono pennellate ma gesti di liberazione, gesti che esorcizzavano nell'artista le paure del vivere, trasmettendo al suo essere sensazioni di pace altrimenti difficili da conquistare.

Jackson Pollock ConvergenceJackson Pollock, Convergence, 1952

 

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