Quando l'amore non muore mai

Il mito di Filemone e Bauci rivive sul grande schermo

di Ivan Mambretti

Filemone Bauci Charles Gounod

Filemone e Bauci di Charles Gounod (film completo)

La poesia classica ha trovato nel legno l’ispirazione per uno dei suoi miti più toccanti: quello di Filemone e Bauci. Racconta Ovidio che due divinità scesero sulla terra travestite da mendicanti per sondare la bontà degli uomini.

Bussarono a tante porte ma furono sempre respinti in malo modo. Finché un giorno si presentarono a una coppia di anziani coniugi che vivevano in un tugurio: si chiamavano Filemone e Bauci. Erano poveri ma felici perché si volevano bene. Volentieri invitarono a cena i finti pellegrini che alla fine, commossi da tanta genuina generosità, rivelarono la loro identità divina e si offrirono di esaudire qualsiasi loro desiderio. Filemone e Bauci si limitarono a chiedere che niente mai li separasse, nemmeno dopo la morte. E quando morirono gli dei li trasformarono in due alberi i cui rami si intrecciavano nell’abbraccio dell’eternità. Un’immagine arborea per rappresentare la simbiosi fra amore e natura. Sagome lignee avvinghiate l’una all’altra, espressione di un legame che nobilita l’umiltà.
Anche il cinema descrive spesso affetti duraturi, pur in contesti non sempre rosei.

Amour Michael Hanecke

Amour di Michael Hanecke

Il primo titolo che viene subito in mente è Amour di Michael Hanecke. Qui una coppia di insegnanti di musica in pensione conduce una vita tranquilla. Ma quando un ictus colpisce la moglie, tutto precipita. La donna, paralizzata e ormai dipendente dal marito, affronta la sua disabilità con la forza che ancora le resta. Non smette di lottare, ma le ripercussioni esistenziali della malattia sono devastanti. Se la vecchiaia è già di per sé un danno, i mali che l’accompagnano ne sono la beffa. Con la freddezza che lo distingue, il regista mette in scena due ottuagenari della colta borghesia parigina costretti a un certo punto della vita a fare i conti con la prospettiva della propria estinzione e la logorante precarietà dell’agonia. Angosciosa discesa nel dolore di due coniugi sorretti da un amore così pregnante che tende a escludere gli altri familiari dalla partecipazione. Il marito che l’assiste e la cura si immola in un sacrificio sempre più simile a un senso di possesso. Pur nella sofferenza, entrambi non rinunciano ad affrontare la sorte, cioè l’ineluttabile epilogo di un’intera esistenza condivisa sia nel disbrigo delle faccende quotidiane che nelle esigenze intellettuali. Finché viene il momento in cui la donna si lascia andare fino a perdere la propria dignità. Amour è un quadro familiare descritto in modo scarno ed essenziale, senza compassione né retorica. Se mai con compiaciuto crudo realismo: il marito che usa le poche energie rimaste per cercare di farla camminare, l’espressione di lei sempre più assente, l’imbarazzante cambio dei pannoloni, la corsa irreversibile verso la non-autosufficienza totale. Insomma, è il dramma della sofferenza che colpisce in egual misura corpo e anima.

lago dorato

Sul lago dorato di Mark Rydell

Trasuda invece buoni sentimenti Sul lago dorato di Mark Rydell. Marito e moglie si sono ritirati in un cottage in riva al lago per godersi una vecchiaia serena, ma quando la figlia lascia loro in custodia il nipotino, i rapporti si logorano. Il film può essere letto anche come la garbata risposta dei saggi all’esuberante spensieratezza delle nuove generazioni. Contro la loro grinta, si riaffermano gli antichi valori nuziali, puliti come l’acqua del lago, nell’armonia del paesaggio che lo circonda. La bontà trionfa e lo spettatore si commuove nel vedere rappresentata la decadenza senile con toni veritieri ma dignitosi. Il film punta tutto sull’irreprensibile performance di due glorie del cinema americano: Katherine Hepburn e Henry Fonda. Forse la Hepburn, già protagonista nella vita reale di una delle love story più celebrate di Hollywood, quella con Spencer Tracy, avrebbe preferito recitare accanto a costui in un film così decisamente crepuscolare.

Fra i successi della Hepburn con Tracy citiamo Il mare d’erba di Elia Kazan in cui, dopo una vita tribolata, parecchi anni più tardi i due si ritrovano insieme uniti dal lutto per la perdita del figlio e scoprono di amarsi ancora. Oppure La costola d'Adamo, commedia di George Cukor, dove li troviamo nei panni di due coniugi non particolarmente vecchi ma inaciditi dal diverso ruolo professionale che ricoprono nelle aule giudiziarie: lei avvocato, lui pubblico ministero. Tanto che se il loro matrimonio è a rischio, non è per ragioni personali ma di lavoro. Prevale nel film la logica della battaglia fra i sessi con una Hepburn femminista ante-litteram per la quale è d’obbligo per il pubblico fare il tifo. In Amore tra le rovine, ancora di Cukor, la Hepburn è un’anziana denunciata dal giovane ma spiantato fidanzato che si vede da lei respinto. La donna si rivolge allora a un legale, ma il caso vuole che quest'ultimo sia stato una sua antica fiamma che il lungo tempo intercorso non è bastato a spegnere.

Indovina chi viene a cena

Indovina chi viene a cena? di Stanley Kramer.

Ma l’interpretazione più strepitosa della coppia Hepburn-Tracy è in Indovina chi viene a cena? di Stanley Kramer. Da antologia infatti il loro sbigottimento quando la figlia porta in casa il fidanzato di colore per farlo conoscere. Davvero due grandi talenti: lo sbigottimento si legge non nei gesti, ma nella assoluta e glaciale immobilità dei loro sguardi. I coniugi, aperti, tolleranti e di formazione liberale, non vorrebbero (ma non riescono) dare a vedere che in quel momento stanno crollando i loro ideali, insidiati da ordinario - anche se latente - razzismo.

Mr. & Mrs. Bridge di James Ivory è una vicenda matrimoniale che si sviluppa nell’arco di un ventennio. Ambientato negli anni Quaranta, è un’indagine sulle inquietudini sociali di un'America ostinatamente conservatrice. I due coniugi all'inizio si sono amati e capiti, ma poi le cose sono mutate per via di un tran tran senza slanci, a meno di non considerare slancio il diversivo della partitina a bridge. Lui si chiude in se stesso e si ammala anche di cuore. Lei, sempre più triste, vive sull’orlo della depressione. Né vale a migliorare la situazione la ricerca di svaghi quali un tour in Europa, le torte di compleanno, i regali e altre convenzioni. Più che puntare a una trama, il film è uno studio dei comportamenti, un ritrattino intimo che neppure momenti di garbata ironia riescono a rivitalizzare. Marito e moglie vivono la terza età fra bisticci e incomprensioni, mal sopportando inoltre che i figli partano per la guerra e le figlie si sposino malamente. Ne è interprete un’altra coppia nella vita vera: Paul Newman e Joanne Woodward. È grazie al loro contributo di consumati attori se la storia, piuttosto fiacca, risulta minimamente credibile.

45 anni

45 anni di Andrew Haigh

In 45 anni due anziani conducono una vita normale nella campagna inglese e si apprestano a festeggiare l’anniversario di matrimonio. A pochi giorni dall’evento, però, lui riceve una notizia inattesa: è stato ritrovato in un ghiacciaio il corpo della sua prima fidanzata, scomparsa parecchi decenni prima durante un’escursione. Riaffiorano così mille ricordi e l’uomo cerca invano di nascondere il proprio turbamento. La moglie si accorge che qualcosa non va e non si lascia sfuggire l’occasione per scavare nel passato del marito. Vacillano intanto le loro più intime certezze, fatte di paure e dubbi sulla solidità degli affetti. Il maggior pregio del film è di non puntare sulla retorica. Anzi, il regista mantiene la crisi di coppia in bilico fra levità e profondità, fra commedia e dramma. Le loro ossessioni e fragilità li rendono personaggi senza tempo, con interrogativi e paranoie da sempre comuni a tutti. Il film trae spunto da Cinque giorni, un’estate, ultima fatica di Fred Zinnemann, in cui due innamorati clandestini - un attempato zio e la sua vivace nipote -, rifugiatisi sulle Alpi engadinesi per una breve vacanza, assistono casualmente al recupero dai ghiacci del cadavere di un giovane dato per disperso quarant’anni prima. È rimasto praticamente ibernato e quindi intatto, mentre la fidanzata è una vecchina che ora piange sulle sue spoglie.

viale del tramonto

Viale del tramonto di Billy Wilder

Viale del tramonto, il leggendario film di Billy Wilder con Gloria Swanson, potrebbe avere come sottotitolo: “maggiordomo per amore”. È la decadente storia di un’attrice di appena cinquant’anni che, per il cinema, è ormai finita. A rottamarla è stato il passaggio dal muto al sonoro. Le è rimasto fedele il suo ex marito ed ex regista, che accetta di farle da domestico factotum per continuare a illuderla di essere ancora un diva in voga. Analogamente Luci della ribalta, capolavoro di Charles Chaplin, racconta a un pubblico commosso la storia di un vecchio clown beffato da un amore impossibile perché lei, ballerina, è troppo giovane. 
Il film di Chaplin ci insegna che un legame non è necessariamente coevo. Prendiamo ad esempio anche Harold e Maude (titolo del film di Hal Ashby), che sono una assai strana coppia. Harold, agiato diciottenne con propensione alla necrofilia, stanco di inscenare finti suicidi per spaventare la madre possessiva, conosce a un funerale Maude, anziana donna prossima agli ottanta che si è fatta una ragione dell’ineluttabilità del ciclo della vita. Nasce tra i due un intenso rapporto d'amicizia che presto si tramuta in amore, così da passare persino una notte insieme. Lui, deciso a convolare a nozze, le organizza a sorpresa una festa di compleanno. Ma lei ha preso i barbiturici, ritenendo giunto il giorno giusto per morire.

In La lunga linea grigia il bel Tyrone Power è un sergente prossimo al congedo dopo aver vissuto una lusinghiera carriera militare a West Point. Per decenni si è dedicato all'addestramento dei cadetti (fra loro persino il futuro presidente Eisenhower) rifiutando onori e gloria. Attraverso il ritratto di questo vecchio leone dell'esercito, il regista John Ford offre un compendio malinconico dei temi a lui più cari: l’attaccamento alla sana America dei pionieri, l’amor patrio e il culto della famiglia (sua partner una deliziosa Maureen O’Hara). Un romanzone realizzato per la gioia di Edna Ferber, la scrittrice saccheggiata dalla Hollywood anni Quaranta-Cinquanta per la sua capacità di ben ritrarre epiche saghe familiari in una terra esemplare per tradizioni e costumi. Ispirati alla narrativa della Ferber sono grossi successi cinematografici come Saratoga, Show Boat, Il gigante, Cimarron.

Lontano da lei Sarah Polley

Lontano da lei di Sarah Polley

In Lontano da lei di Sarah Polley due anziani coniugi ancora molto legati l'uno all'altra, trascorrono la loro esistenza fra tenerezza e buon umore. La stabilità familiare sembra oscillare solo in conseguenza degli occasionali riferimenti a un passato non del tutto limpido. E quando i vuoti di memoria diventano più drammatici, appare inutile negarsi la verità: è Alzheimer. In lotta col dolore e la solitudine, i due vanno in cerca della possibilità di essere felici per un'ultima volta.
In Miracolo sull’8ª strada la gente di un quartiere popolare di New York viene fatta sloggiare perché è in atto una speculazione edilizia. Unici a tenere testa sono cinque inquilini di cui due anziani (altra coppia celebre: Jessica Tandy e Hume Cronyn). In loro aiuto arrivano dallo spazio gli alieni che riportano la concordia come in un film di Spielberg (non a caso c’è il suo zampino!). Altra coppia popolare dello schermo sono Vanessa Redgrave e Franco Nero, che dopo essersi conosciuti giovani sul set di Un tranquillo posto di campagna, si sono lasciati per ritrovarsi mano nella mano, ormai a fine carriera, nel film Letters to Juliet, ispirato alla tragedia veronese di Shakespeare.

Una coppia costruita a tavolino apposta per lo schermo è invece quella formata da Jane Fonda e Robert Redford, che ricordiamo giovani innamorati negli anni Sessanta in A piedi nudi nel parco e che oggi tornano con Le nostre anime di notte per spiegarci che l’amore non ha età: due vedovi vicini di casa non si vogliono arrendere alla morte incombente e al vuoto simboleggiato dalle loro case inutilmente spaziose.

Morte di un commesso viaggiatore Volker Schlondorff

Morte di un commesso viaggiatore di Volker Schlöndorff

Morte di un commesso viaggiatore di Volker Schlöndorff racconta di un rigoroso professionista che, dopo mille vani tentativi per dimostrare di essere un buon capofamiglia e dopo l'ennesima delusione ricevuta dai figli, opta per un gesto estremo, soprattutto pensando alla moglie che gli ha sempre dimostrato una gran pazienza: si suicida per farle riscuotere i soldi dell'assicurazione sulla vita, che le garantiranno una vecchiaia decorosa. Troviamo un tema simile ma a parti inverse in A proposito di Schmidt di Alexander Payne. Qui un oscuro impiegato si ritira dal lavoro speranzoso di godersi la pensione con la moglie che, ironia della sorte, gli muore all’improvviso sconvolgendo i suoi piani.

Carrington ripercorre la carriera di due artisti dalla vita sessuale confusa nella colta società londinese del primo Novecento. Lui, scrittore saggista, è gay convinto e praticante; lei, pittrice, non ama gli uomini ed è incline alla trasgressione. A suggello di una relazione spericolata ma sostanzialmente riuscita, quando lui muore, lei non gli sopravvive.

Iris, un amore vero narra la vita della celebre scrittrice-filosofa Iris Murdoch, in balìa di una turbolenta love story col marito letterato. Dopo aver sempre dettato le regole matrimoniali tenendo il marito a freno, in età matura Iris, colpita dall’Alzheimer, comincia a dimenticare le parole (proprio lei che di parole ha vissuto!). Divenuta docile e dipendente dal coniuge, impareranno entrambi a comunicare attraverso il linguaggio dei bambini.

Ginger e Fred Fellini

Ginger e Fred di Federico Fellini

In Ginger e Fred Federico Fellini rivisita coi suoi inconfondibili barocchismi il musical degli anni Trenta raccontando un amore a tempo di tip tap. In piena era di boom televisivo, due vecchi ballerini dell’avanspettacolo vengono invitati a una trasmissione per far rivivere il mito di Fred Astaire e Ginger Rogers. È la classica pellicola felliniana in cui sequenze chiassose si mescolano ad altre di tono elegiaco. Due figure del passato, due amabili guitti appesantiti dagli anni che si illudono di avere ancora le energie per abbandonarsi a balli sfrenati e acrobatici. Si lamentano perché tutto è cambiato: non si accorgono, poverini, che a essere cambiati sono loro, scavalcati dagli anni! Alla fine riprendono ognuno la propria strada, dopo aver provato per l’ultima volta il gusto amaro di un’anacronistica ribalta. Per i due protagonisti, Giulietta Masina e Marcello Mastroianni, un film malinconicamente autobiografico.

Umorismo nero invece in Parenti serpenti, opera corale di Mario Monicelli dove i legami familiari sono inquinati dall’ipocrisia, dall’avidità e da una gretta mentalità provinciale. L’occasione perché tutto questo esploda è il cenone di Natale, al quale i nonni hanno avuto la malaugurata idea di invitare l’intero parentado. Decisamente meno sfilacciata l’unione che Ettore Scola descrive in La famiglia, in cui tutto si svolge all'interno di un appartamento della Roma bene in un arco di tempo che va dal 1906 al 1986. Fra alti e bassi, il protagonista (un patriarcale Vittorio Gassman) gode comunque dell’affetto dei suoi cari dal giorno del battesimo fino al compimento dell'ottantesimo compleanno.

chi salvera le rose

Chi salverà le rose di Cesare Furesi

L’ultimo film che racconta di un amore anziano è in sintonia con le attuali lotte per i diritti civili. Si tratta di Chi salverà le rose di Cesare Furesi sulla tematica gay. I nonni Giulio e Claudio si amano. Al fine di restare accanto a Claudio gravemente malato, Giulio abbandona il vizio del gioco per il quale si è indebitato. Ma quando si accorge che l’unica speranza per saldare il conto è riposta in una partita a poker, Giulio torna al tavolo. Assai adatti ai ruoli due veterani del cinema italiano: Carlo Delle Piane e Lando Buzzanca. Trattasi però di un modesto prodotto più adatto alla televisione che al grande schermo.

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