I colori di una classe

Diversi è ricchezza

di Luciana Nussio

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«Che cos’è li dentità maestra?» | «Secondo me è un qualche cosa che ci rende quelli che siamo e che ci definisce.»


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A scuola ci si identifica in una classe, quella dei coetanei, quella dove tutti i compagni hanno la stessa età o quasi. Eh sì, perché a volte ce ne sono di più grandi e altre volte ci sono quelli così svegli e competenti in certi ambiti che hanno un anno in meno.
Poi c'è il corpo. Quel nostro stupendo contenitore, così perfetto e così pieno di difetti, così ingombrante e così fragile che ci identifica.
I ‘miei’ scolari hanno appena terminato la prima elementare ed è proprio durante le lezioni di etica che si siamo chiesti: «Ma noi chi siamo? Ma io, quale insegnante, chi sono?»
E quando finalmente ci si ferma a riflettere, ecco che iniziano degli infiniti elenchi che ci aiutano a definirci.
Prima ci si identifica con i coetanei, poi con quelli nati nello stesso mese, poi con i compagni di classe, poi con la maestra di classe. C’è chi poi dice che lui non è di Poschiavo, ma è di San Carlo, chi invece è di Angeli Custodi. Così l’elenco si allunga descrivendo luoghi di ogni genere con grande interesse. Ci sono poi quelli che dicono di essere diversi, perché atei. E poi ci sono i cristiani, quelli cattolici e quelli evangelici; e poi arriva uno scolaro che aggiunge: «Io sono poschiavino, ma anche portoghese, lo sapete?»
«Io invece», aggiunge un altro, «sono sancarlino, ma anche onduregno e parlo tre lingue: italiano, ‘sancarlot’ e spagnolo».
E ci accorgiamo che il nostro argomentare ha lasciato la Valposchiavo per spaziare in tutto il mondo. E così siamo arrivati in America Latina.
Questi sono i luoghi che ci rappresentano, che creano parte della nostra identità. E poi, però, ci sono i corpi che li abitano; e qui la cosa si fa interessante.

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«Io sono alto e grasso».
«Io sono piccolo».
«Io sono magro».
E poi ci sono io che sono la maestra, e che cerco di mediare i pensieri dei bambini, invitandoli a capire i vari significati delle nostre definizioni.
«Più magro ripetto a chi?»
«Piccolo quanto chi?»
E così tutti insieme si continua a pensare e condividere pensieri che ci aiutano a comprendere il termine identità. E ci si sofferma sul colore degli occhi, dei capelli e della pelle. Si parla di squadre del cuore, delle canzoni preferite e così il nostro condividere diventa molto interessante. Alla fine capiamo che tante passioni sono modelli di riferimento per noi che ci aiutano a definire la nostra identità. Capiamo però che tanti altri particolari sono irrilevanti.
Siamo svizzeri, ma svizzeri-italiani, però attenti, non siamo italiani o forse alcuni della classe sì?! Io aggiungo di essere catto-evangelica, svizzera-italiana e italiana; e tutti fanno una bella risata!

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Penso che la scuola, con la famiglia, dia ai bambini la possibilità di creare un’identità collettiva che li forma e che li aiuta a riconoscersi e a definirsi, come uguali, come diversi, come unici e speciali. La scuola è una piccola comunità che dà la possibilità a tutti, scolari e maestri, di nutrirci, dando ad ognuno la possibilità di imparare a guardare il mondo con rispetto. Ogni scolaro ha una propria identità che va capita, ri-conosciuta e rispettata. Per ri-conoscerla però occorre prima conoscerla!
Conoscere il prossimo ci aiuta e ci apre al confronto. E, aprendoci all’altro, aiutiamo pure noi stessi a definire la qualità della nostra identità.
Senza un confronto, senza qualcuno di fronte, noi forse non riusciremmo neanche a definirci. Definirsi è difficile, faticoso, ma, grazie al confronto che ci fa scoprire le diversità, riusciamo a definire la propria identità.

Andiamo a scuola per acculturarci, per condividere ed acquisire competenze. La cultura nasce dalle relazioni con i luoghi, le persone, gli oggetti e le diverse arti. Secondo me la cultura crea parte della nostra identità; e grazie alla discussione in classe e alla capacità di confrontarsi, ognuno forgia pian piano la propria identità, che per fortuna è sempre in divenire.
Poco importa se la cultura è terrena o celeste. L’importante è avere la possibilità di scriverne, discuterne, in modo da lasciare tracce tangibili della nostra identità.
«Forse ho capito alcune cose maestra. Siamo diversi in questa classe, ma identici in tante cose: i denti da latte per esempio li stiamo perdendo tutti!»

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