L'inverno

Il senso del bianco

L’ordine naturale è esperienza primaria

di Luca Calabrò - PRIMA PARTE

contare neanderthal

Figura 1 - frammenti ossei con sequenze numerico-temporali

Parlare dell’«Inverno» durante un inverno dall’aspetto primaverile - temperature alte, margherite che fioriscono nel prato davanti casa - pone nella condizione di percepire fisicamente la sensazione di un sovvertimento dell’ordine del tempo 'naturale' che è un sovvertimento di senso.

L’esperienza, oggi, piacevolmente ingannevole del tepore, opposta alla rigidità del freddo, è distorcente. Quasi l’idea che non vi siano cicli: fine dell’«ordine del tempo». Proprio nell’ordine del tempo come ordine del mondo l’epoca attuale immette elementi di sovversione.

Idea fondamentale di qualsiasi civilizzazione l’«ordine» non è solo nell’organizzazione sociale, del lavoro, delle leggi, è anche nella fissazione di uno sfondo più ampio di significato, da cui i diversi ordini particolari discendono. «Senso» si diceva prima, e il senso in chiave eminente è proprio ciò di cui l’ordine è uno dei veicoli fondamentali, si potrebbe dire che il tipo particolare di «ordine del mondo» che permea, a tutti i livelli, una società è il senso di quella società. Va da sé che l’ordine della nostra civilizzazione è l’ordine «produttivo».

L’ordine naturale immanente è esperienza primaria: anche oggi, con tutte le sovrapposizioni culturali della nostra società, non possiamo ignorarlo. Questo tema è riscontrabile da tempi antichissimi. Da siti archeologici, risalenti al paleolitico (Figura 1) emergono tavolette e frammenti ossei incisi con tacche o altro, che anno suggerito la fissazione di sequenze numerico-temporali e addirittura di calendari lunari. Queste attività pratiche che vengono definite dagli archeologi indizi di pensiero simbolico si trovano in epoche ancestrali.

L’immagine perspiqua e suggestiva a un tempo di queste 'tacche' vale più di mille descrizioni. Un osso che risulta da attività di caccia, da oggetto inerte, diventa qualcos’altro, è portatore di senso solo attraverso segni posti in momenti diversi, quindi in sequenza temporale. Implica l’atto di computare: temine legato all’ordinare il tempo in sequenza, e alla fine della cui catena semantica troviamo il termine 'computer'. Una civilizzazione come la nostra, che esprime attraverso la tecnica e il suo impianto teorico il massimo grado di organizzazione, sembra entrare in autocontraddizione nel momento soggettivo-sensoriale dell’esperienza, quando tutti sentiamo svanire le sensazioni primarie come il freddo legato all’inverno o l’immagine stessa dell’inverno in assenza di neve là dove normalmente la neve appariva.

 

pieter bruegel cacciatori nella neve 1800

Figura 2 - Cacciatori sulla neve, di Pieter Bruegel il Vecchio, 1565

 

Il bellissimo quadro di Brugel Cacciatori sulla neve (Figura 2) è un’immagine famosa che ci riporta alla percezione invernale. A un inverno fiammingo per la nostra sensibilità ancora immerso in un’atmosfera fiabesca. Primo piano e 'lontano' si integrano, non vi è la realtà ottica di un primo piano che mette a fuoco un dettaglio sfocando il resto, tutto è a fuoco, in uno sguardo onnicomprensivo e innaturale ma più che reale. L’«occhio fiammingo» ricorda lo sguardo massimamente nitido dei film di Kubrick, dove la nitidezza estrema e la messa a fuoco totale e iperrealistica sembra vedere oltre lo sguardo. Per inciso, mi è sempre sembrata suggestiva la possibilità di avvicinare l’occhio convesso dello specchio dei Coniugi Arnolfini di Van Eyck con l’occhio di HAL 9000. Con questo occhio 'freddo' Brugel rende il freddo animatissimo dell’inverno, che è il vero protagonista del quadro.

La natura invernale è tutto fuorché rigida, il freddo non blocca ma sembra invece corroborare le energie - nel «Canone buddhista» si legge: «Il caldo ammala, il freddo cura» - e su tutto, ovunque, il bianco. L’immagine mentale più naturale identifica il bianco con l’inverno: è un portato storico-culturale, un’abitudine non so, ma istituisce una relazione forte sulla quale si costruiscono varie sequenze di pensieri e stati d’animo. Il bianco è un colore non colore, somma di tutti i colori. Nel quadro di Brugel si stende omogeneo unificando lo spazio. Vicino e lontano non si differenziano nell’intensità del chiarore. Mentre le figure e le cose, secondo una prospettiva tipicamente fiamminga, paiono 'degradare' più velocemente rispetto alla più calibrata fuga prospettica della nostra pittura, il bianco uniforme non segue le leggi prospettiche, non le asseconda, ma rende tutto univoco. La spazialità del bianco è diversa dalla spazialità degli altri colori: il bianco in primo piano è praticamente uguale al bianco lontano: se si togliessero case, persone, e strade, ecc., e rimanesse soltanto la neve, il quadro non avrebbe più prospettiva, l’occhio sarebbe ovunque e in nessun luogo.

 

Pieter bruegel il giovane paesaggio invernale con trappola per uccelli 03

 

L’inverno della neve e del freddo in questo senso rende lo spazio diverso da quello delle altre stagioni, e con esso il tempo. Credo sia comune sentire che il tempo invernale sia un tempo più lento, dilatato, spaziale. Nell’animatissima stasi invernale, come nel quadro di Brugel, si percepisce un tempo diverso che è necessario al ciclo annuale. E ritorniamo ai cicli  temporali portatori di senso.

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[sarà pubblicata il 17 febbraio 2023 ]

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