La storia

La storia di...

Protagonisti di scompartimento

di Gina Grechi

treno berretto giallo 1280

Quando ero più giovane, per motivi di studio, prendevo spesso il treno.


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Seduta in scompartimenti sempre troppo caldi (o troppo freddi) e affollati, il mio corpo riusciva comunque a rilassarsi e il mio sguardo indagatore cominciava a vagare, in cerca del "Protagonista". Doveva essere una persona dotata di caratteristiche estetiche che mi ispirassero nella realizzazione di un racconto immaginario dal titolo “LA STORIA DI...”.

Albertino S., così chiamai il primo personaggio di una lunga serie di fantasiose biografie, aveva all'incirca 27 anni e girava coi sandali francescani, pure d'inverno. Come "l'amico" di una struggente canzone di Claudio Baglioni, Albertino "soffriva di tenerezza e parlava con se stesso". Sedeva cinque posti più in là, rispetto a me, ma lo vedevo benissimo perché si trovava nel blocco di fronte al mio, ma dalla parte contraria. Aveva uno sguardo inquieto e malinconico perché non era capace di dimenticare Amelia, conosciuta e persa alla Sagra della mela, in provincia di Novara, durante il viaggio d'istruzione in terza media. Nel suo zaino c'erano le poesie di Sereni, un peluche a forma di elefante, un papillon di seta colorata, occhiali da sole e due merendine all'albicocca. Scese a Monza e si diresse all'Ospedale San Gerardo, dove, tutti i venerdì, vestito da Dottor Clown, portava leggerezza ai bambini ricoverati.

Poi fu la volta della procace Gertrude in cui mi imbattei un sabato di primavera, mentre rientravo a casa da Pavia.

Era seduta alla mia sinistra e stringeva con ardore una sporta di pelle intrecciata, color cuoio. "Forse c'è una stella dentro quella borsa", avrebbe canticchiato Fabio Concato osservando la Signorina. Ma io immaginai che la sacca fosse piena zeppa di vecchie fotografie che la ritraevano senza veli e che un sedicente fotografo professionista le aveva scattato in cambio di pochissime lire. Anche Gertrude scese a Monza e si perse tra una folla di chierichetti, diretti alla Chiesa di San Maurizio.

Adelina salì a Lecco e ci salutò a Milano Centrale il giorno di San Valentino del 1998. Indossava un soprabito rosso e sorrideva accomodata accanto al finestrino. Non aveva un fidanzato, né un amante con cui condividere "il giorno degli innamorati". Perciò si era alzata di buonora, vestita con gusto, e adesso era in cerca del grande amore. Lo troverà al parco di Villa Finzi, occupato a debuttare come "artista di strada", dopo essersi laureato a pieni voti in ingegneria ambientale.

Quando Tobia prese posizione in faccia a me e il suo ginocchio si scontrò con il mio, mi svegliai di soprassalto. Eccolo il “giovane esploratore” descritto da Francesco de Gregori in una canzone del '76. “Nato da un padre d'acciaio e da una madre distratta”, Tobia emanava un sentore di buono. Era il profumo della giovinezza pulita, che regala soddisfazioni e premi ai ragazzi cocciuti e seri. E infatti, questo uomo-fanciullo dalle mani sottili, stava per realizzare il proprio grande sogno di raggiungere il Giappone, dopo aver vinto una borsa di studio molto ambita.

Quando ero più giovane, per motivi di studio, prendevo spesso il treno. Gli scompartimenti, sempre troppo caldi (o troppo freddi)... pullulavano di storie.

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