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Care lettrici - Cari lettori

Sei in Valle è un contenitore culturale, un trimestrale che lancia con questa periodicità dei temi stimolanti, intriganti. Li lancia come una sfida per i nostri collaboratori che scrivono nella propria rubrica dedicata e per chi ci legge, mosso da una sana curiosità. A voi la scelta! Leggere partendo da un tema o farlo consultando la rubrica che più vi interessa.

Note costrette

Quando la storia pretese l'uniformità anche nella musica

di Giovanni Conca

lavoratori cotone

La libertà è un principio costantemente presente nella vita e nelle azioni dell'umanità, in tutta la sua storia. Per entrare nel merito della sua collocazione nell'ambito dell'arte in generale e della musica in particolare, prenderei in esame due aspetti fondamentali della libertà:

la libertà come condizione umana, in contrapposizione a condizionamento, oppressione, coercizione e la libertà in senso filosofico, esistenziale, cioè libertà di pensiero, d'azione e di scelte.

Bisogna premettere che, dopo la Rivoluzione Francese, nel campo delle arti e soprattutto in quello della musica, avviene una svolta importantissima: la musica non è più confinata nei limiti delle corti e delle chiese; il compositore non è più dunque al servizio di un nobile, di un principe o di un vescovo, non compone più su commissione o per contratto in quanto al servizio di qualcuno, ma è più libero, più indipendente e può comporre seguendo il suo estro, la sua ispirazione e anche per il proprio piacere.
Purtroppo, però, questo non sempre è e sarà possibile perché durante gli anni a seguire ci imbatteremo in periodi bui in cui condizionamenti, coercizioni, violenze saranno tragicamente presenti.
Già i canti di lavoro (work songs) degli schiavi negri nei campi di cotone dell'America ottocentesca rappresentarono sicuramente un vero e proprio anelito alla libertà. Quei canti e quelle canzoni che furono fonte di ispirazione e origine del " blues" in particolare e del "jazz" più in generale, non sono stati solo la conseguenza dell'innata musicalità di quel popolo, ma il mezzo per rendere più sopportabile e addirittura più accettabile la tragica e disumana condizione in cui si trovava. Il blues costituisce la prima espressione musicale nera autoctona che non risente dell'influsso europeo e che, nelle sue varie forme (Spirituals e Gospel) diverrà un'importante componente del Jazz.

Arnold SchönbergArnold Franz Walther Schönberg

Momento altrettanto avvilente e doloroso è stato quello durante il regime nazista in Germania. In quel periodo la musica doveva essere la musica "pura", dai suoni squisitamente ariani che riconduceva ai grandi nomi di Bach, Haendel, Beethoven e che aveva la sua apoteosi in Wagner e Bruckner. Di conseguenza furono messi al bando compositori come Schönberg, Hindemith e altri, colpevoli di produrre quella musica, bollata come "degenerata". Perché di origine ebraica, furono esclusi dai programmi anche grandi nomi del passato come Mayerber, Offenbach, Mahler, ecc. Ma la cosa più tragica fu che anche molti grandi esecutori, concertisti, strumentisti ebrei, furono, nel migliore dei casi, interdetti all'esercizio della musica e alla partecipazione ai concerti, nel peggiore, deportati e uccisi.

Ugualmente penosa e amara fu la situazione nell'Unione Sovietica e nei paesi dell'Est europeo a regime comunista. prokofievSergej Sergeevič ProkofievQui ai compositori, dopo un breve periodo di tolleranza, furono imposte delle direttive che fissavano le linee alle quali avrebbero dovuto attenersi; un vero e proprio condizionamento. Lenin diceva: l'arte appartiene al popolo e l'artista deve partecipare alla costruzione della società comunista. La musica deve essere, pertanto, comprensibile al popolo, originale e rivoluzionaria". Molti musicisti si uniformarono a tali regole, si sforzarono di scrivere musiche rispondenti ai nuovi ideali comunisti, come Kachaturian e soprattutto Shostakovic, anche se non sempre con convinzione; altri furono costretti, a volte, a umilianti ritrattazioni e a sconfessare alcune loro opere. Altri ancora preferirono lasciare la Russia per stabilirsi all'estero, come Rachmaninov nel 1917 e Glazunov nel 1928. Alcuni, come Prokofiev, emigrarono per un breve periodo per poi ritornare in patria.

Ma libertà, nell'arte e soprattutto nella musica, significa anche voler uscire dagli schemi, dalle imbrigliature di regole considerate, almeno fino alla fine dell'800, imprescindibili e ormai consolidate, ricercare l'utilizzo di nuovi suoni della gamma cromatica, nuove forme armoniche, l'emancipazione dai concetti di dissonanza e di tonalità, ecc. ("dodecafonia", musica elettronica, ecc. – cito Schonberg, Webern, Berg e altri).

Concludendo, un musicista o in generale un artista, per essere tale e per esprimersi al meglio, deve essere libero, non condizionato né tantomeno sottomesso a schemi prestabiliti.

 

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