Percorsi semiseri tra i numeri

Quando i numeri possono servire alla coscienza

di Egidio Missarelli

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«Meglio del dominio su tutti i mondi… è compiere il primo passo sulla via del risveglio».
Buddha

In un recente studio statunitense[1] si è scoperto che il tempo medio in cui un medico ascolta il suo paziente è di 11 secondi, trascorsi i quali viene interrotto. Può essere questo numero, apparentemente banale, indicativo di una situazione sociale che, andando di fretta nell’indifferenza generale degli uni verso gli altri, potremmo caratterizzare come agonizzante? Se non si ascolta l’altro, cosa si ascolta? È colpa nostra se al posto di 400 parole al minuto che il nostro cervello è in grado di elaborare una persona normale ne dice solo 125? Lo spazio mancante con cosa lo riempiamo? Beh, ognuno risponda da sé! Ognuno ha sufficiente competenza per rispondere a questa domanda. Forse ci capita a volte di anticipare quanto ci dirà l’interlocutore, di giudicare e commentare quanto ci viene detto, di pensare ad altro distraendoci, di dirci: «Queste cose le ho già sentite», di pensare a quello che cucineremo a cena o dove andremo nel prossimo week end, eccetera.

Cambiando registro, dalle orecchie agli occhi, un recente esperimento svedese[2] ha constatato che se sopra la cassetta delle donazioni caritatevoli veniva posta l’immagine di 2 occhi, le offerte aumentavano del 30%. Forse essere visti, come essere ascoltati, significa esistere?

Ancora qualche numero eclatante e sconvolgente. Nel Satipatthana sutta, Buddha presenta la meditazione di consapevolezza (sati) come via di illuminazione. Disse ai monaci che se la praticavano sarebbero arrivati alla liberazione in sette anni. Poi si corresse e disse: no, in un anno o, meglio, sette mesi, un mese. Anzi, ora! La precisione dei numeri sta anche, se rapportati alla realtà e alla coscienza, nel loro essere relativi: «… qualsiasi teoria matematica della realtà fisica è solo un modello valido entro certi limiti, e quindi non è totalmente affidabile. Il mondo reale surclassa qualunque tentativo di una sua completa descrizione[3]».

 

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I suoni e i colori vengono descritti nello spettro di frequenze. Ad esempio, il la4 è stato internazionalmente fissato a 440 Hz e nel temperamento equabile le frequenze di tutte le note sono calcolate mediante la formula f = kn . f0, dove k vale radice dodicesima di 2 ed n è il numero positivo o negativo dei semitoni che distanziano la nota da quella di riferimento di frequenza f0. Ma sappiamo tutti per esperienza che Mozart aveva ragione quando disse che «la musica non è nelle note» ma «è tra le note», ed anche Einstein quando affermò che «è possibile che tutto possa essere descritto scientificamente, ma non avrebbe senso, sarebbe come se descrivessimo una sinfonia di Beethoven come una variazione nelle pressioni delle onde». L’esperienza vissuta fatta di emozioni, di piacere, di divertimento e quant’altro (i cosiddetti qualia dei neurofilosofi), che possiamo identificare come la dimensione semantica della musica, non è descrivibile dalle caratteristiche oggettive della musica stessa, essendo queste solo la sua dimensione simbolica.

E poi, detto per inciso, quando un filosofo vince una scommessa con uno scienziato, mi pare importante sottolinearlo: 25 anni fa il neuroscienziato Koch scommesse una cassa di porto con il filosofo Chalmers che entro il 2023 si sarebbe scoperto come i neuroni producono la coscienza. Ha perso la scommessa, decretata il 23 giugno 2023 in occasione della riunione annuale dell’Associazione per lo Studio della Coscienza alla New York University. Non c’è stata nessuna obiezione in tutta la comunità scientifica.

Diamo ancora un po’ i numeri…

In cento anni siamo passati dalla scoperta dell’elettrone e della valvola al chip con miliardi di transitori. Il solo mercato dei chips, escludendo tutto il resto della catena, vale oggi 600 miliardi di dollari, in robusta crescita negli ultimi anni; nel 2030 le previsioni lo quotano tra 1 e 1,5 trilioni di dollari.

I ricercatori dello studio di Howard Gardner intitolato «Project Zero» fecero una scoperta sorprendente: fino a quattro anni, quasi tutti i bambini coinvolti nello sviluppo dei test d’intelligenza del Progetto avevano lo stesso livello di genialità, secondo i criteri dell’intelligenza multipla esaminati da Gardner (intelligenza spaziale, cinestetica, musicale, interpersonale, matematica, intrapersonale e linguistica). Ma quando raggiungevano i vent’anni la percentuale dei soggetti con l’intelligenza superiore alla media scendeva al 10%, e più avanti con l’età si riduceva al 2%.

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Al momento della concezione di un embrione l’acqua costituisce circa il 95% dell’ovulo fecondato, mentre da adulti costituisce circa il 75% del nostro peso corporeo, approssimativamente corrispondente alla percentuale di acqua sul nostro pianeta. All’inizio del 2000, dopo aver visionato le foto dei cristalli di acqua di Emoto in occasione del primo SoL Executive Champion’s Workshop tenutosi al Cairo, un executive di Saudi Aramco fece questa confidenza al professor Peter Senge: «Mio nonno mi ha insegnato che, quando sei malato, dovresti prendere una ciotola d’acqua e leggerle qualcosa. Se conosci il Corano, puoi leggerle il Corano. Ma in fondo quello che leggi non ha importanza; basta che si tratti di qualcosa di significativo. Poi devi prendere l’acqua e lavarti con essa e starai meglio. Ora capisco cosa mio nonno stesse cercando di insegnarmi».

Lo si potrebbe dire anche con Joseph Beuys: «Oggi i misteri e le magie non avvengono più in chiesa, ma alla stazione centrale». Kabat-Zinn, Bohm, Bortoft e altri ci hanno insegnato che la realtà è paradossale, la totalità emergente va connessa con l’attenzione a ciò che vi è all’interno della nostra individuale consapevolezza, proprio ora, cioè a ciò che vi è di più locale. Non basta: a ciò che emerge, a ciò che ci viene chiesto ora, bisogna abbandonarsi e donarsi totalmente.

 

[1] Singh Ospina, N. et al. (2019), “Eliciting the Patient’s Agenda – Secundary Analysis of Recorded  Clinical Encounters”, Journal Internal Medicine, 34, pp.36-40.

[2] Pfattheicher, S. e Keller, J. (2015), “The watching eyes phenomenon:  The role of a sense of being seen and public self-awarness. European Journal of Social Psychology”.

[3] F. Faggin, Irriducibile. Ciò corrisponde a quanto disse  il fisico Leon Max Lederman: “Non è l’incertezza della misurazione a nascondere la realtà; al contrario, è la realtà stessa a non fornire mai certezze nel senso classico-galileiano del termine, quando si esaminano fenomeni a scala atomica”.

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