Sesso e violenza nelle fotobuste

Da peccati infernali a film di genere

di Luca Villa

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«L'insegnante», film di Nando Cicero, 1975

Il luogo è tetro e cupo, caldo, molto caldo, umido all'inverosimile, l'ideale dove non lasciare mai una collezione di figurine, fumetti o qualsiasi oggetto abbia a che fare con la carta.

«Allora, questi vanno tutti nel secondo cerchio. Gli altri proseguono fino al settimo».
«Mi scusi ma chi sono queste persone che sta mandando avanti?»
«Lussuriosi! Commendatori e segretarie, dottori e infermiere, insegnanti e studentesse, di tutti i generi. Copulavano senza ritegno con amici e amanti e lo facevano pure in pubblico»
«E gli altri?»
«Violenti della peggiore specie. Uccidevano chiunque, per il denaro e il potere ma senza il minimo onore o spirito cavalleresco».
«Guardi che però tutto questo lo facevano per finta. Erano attori di film. Ma non è che per caso lei è della Buon Costume?»
«Io non so chi sia questo buon costume. Sono Minosse e devo indirizzare i peccatori presso il loro girone infernale dove scontare la pena”.
«Ecco, appunto, allora ci deve essere un errore. Queste persone, come le avevo detto, mica lo facevano sul serio. Era tutto recitato, è il cinema».
«Sì, mi hanno parlato del cinema, alcune anime in attesa mi avevano chiesto se non tenevamo anche quell'oggetto che voi avete tutti, il televisore, volevano guardarlo. Mi hanno raccontato di come uomini e donne ripetano scene di vita reale e tutto questo poi lo fanno vedere a molte altre persone».
«Diciamo che pressapoco è così».
«Quindi nella vostra vita terrena tutto ciò avviene veramente. Ecco altri ospiti per l'Inferno, altro lavoro per il sottoscritto».
«Eh, sì, sarà bello il cinema ma la realtà non cambia di molto. Io le consiglierei, signor Minosse, di salire ogni tanto e andare al cinema a vedere qualche film. Se vuole, per il momento, ho giusto sottomano delle immagini che ne fanno la pubblicità, si chiamano fotobuste. Però stia attento, sono di carta, non vorrei che con tutti i focherelli qui in giro qualcuna finisca incenerita…».

«Sesso e violenza», «Sex & Violence», era il titolo dei due temi 'infernali' di una mostra di locandine e fotobuste di film, organizzata nel 2017 a Morbegno in provincia di Sondrio. Sono generi che possiamo trovare in buona parte della cinematografia. Per evitare una dispersione geografica e temporale di materiale di produzione mondiale realizzata nell'arco di oramai oltre 100 anni, ho deciso di dare un saldo legame reale al tutto. Quindi solo le fotobuste di film poliziotteschi e commedie sexy, prodotti in Italia negli anni '70.

L'Italia degli anni '70? Beh, in quel momento il cinema si avvicinò a ciò che succedeva allora: gli anni di piombo e la libertà sessuale. Nella mostra non era stata data una priorità all'uno o all'altro. Essendo lineare lo sviluppo si poteva iniziare a vedere l'esposizione partendo da sinistra o da destra. Le fotobuste pubblicitarie sono in sintesi dei fogli lucidi della misura 70 x 50 centimetri con la stampa di una o più immagini tratte dal film.

Normalmente ogni pellicola aveva più di una fotobusta e queste venivano posizionate all'esterno del cinema o in luoghi di passaggio così da ricordare la prossima visione. Visto che non c’era scritta la trama del film, l'immagine e il titolo erano ciò che colpiva maggiormente le persone. Nel nostro caso la donna in costumi succinti e l’uomo con mitra erano i soggetti che andavano per la maggiore.

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««Milano rovente», film di Umberto Lenzi, 1973

Il genere poliziesco all'italiana o “poliziottesco” si compone di oltre duecento film realizzati durante tutto il decennio degli anni '70 e l’inizio degli anni '80. Molti vedono nella nascita di questo genere l'evoluzione dei western all'italiana e dei film “cappa e spada” dove allo sceriffo e al cavaliere, eroi della storia, si sostituisce il commissario di polizia. Altri legano film americani come l'Ispettore Callaghan di Clint Eastwood al proliferare di nuove pellicole poliziesche anche in Italia. È sicuro che le storie dei poliziotteschi ricalcano molto la tragica situazione italiana del periodo. Proprio la denominazione 'anni di piombo?, etichetta di quegli anni arriva dal titolo di un film, «Anni di piombo», realizzato nel 1981 da Margarethe Von Trotta. Nel 1970 l'Italia rischia un colpo di stato (Borghese) organizzato da personalità legate all'estrema destra. Sempre in quell'anno si costituiscono come partito armato le Brigate Rosse. Sono di questi anni numerose bande criminali, quella della Comasina di Vallanzasca, della Magliana, la Mala del Brenta. All'ordine del giorno erano le rapine e i sequestri. Muoiono comuni cittadini italiani e agenti delle forze dell'ordine in un periodo nero culminato con il rapimento e l'uccisione del segretario nazionale della Democrazia Cristiana Aldo Moro, una delle poche personalità italiane del dopoguerra ricordate con vie o piazze intestate in tutta Italia.

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«Milano violenta», film di Mario Caiano, 1976

Al cinema andavano in proiezione «Roma a mano armata», «Milano calibro 9», «Torino nera», legando quindi il titolo alle città luogo principale dei misfatti. Nelle immagini pubblicitarie è presente il poliziotto o il malvivente con la pistola o una mitragliatrice in mano, oppure il commissario, l’auto delle forze dell’ordine, un cadavere a terra. Tutte queste fotobuste sono recuperabili tramite i vari siti online di vendita e il costo varia da pochi euro a qualche decina. Molto dipende dalle condizioni del foglio ma anche dal film, se conosciuto e con presenti attori famosi.

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«Roma violenta», film di Marino Girolami, 1975

Due calcoli ci dicono che se volessimo collezionare tutte le fotobuste di tutti i film segnalati come poliziotteschi dovremmo raccogliere tra i 1.500 e i 2.000 fogli. Per evitare una così immane collezione con tutto quello che ne consegue, ovvero costi elevati e l’impegno di trovare lo spazio in casa, si può pensare di raccogliere solo una fotobusta per film, quella che si ritiene più significativa. Oppure scegliere solo alcuni titoli rappresentativi del genere e di questi collezionare tutte le fotobuste.

Ciò può essere applicato anche alla commedia sexy all’italiana, l’altro genere che infiamma e spopola negli anni ’70 con tutti i limiti applicati dalla censura di allora. La società si sta modificando a livello mondiale e in questa onda di novità il sesso, fino ad allora sottoposto a un rigido e cattolico controllo, esplode. In quel periodo la censura cinematografica italiana era operosa: verificava e bollava per vietato ai minori qualsiasi possibile azione tendente all'argomento. Ne sono testimoni le serie straniere televisive di quel periodo che arrivano solo ora a noi nella versione integrale. Ne cito due a caso e, concedetemi la battuta, ci dimostrano quanti anni luce eravamo distanti: i fantascientifici «Ufo base Shado» e «Spazio 1999». Di contro i film di guerra passavano indenni, benché lasciassero nella loro ora e mezza di visione qualche centinaia di morti a pellicola.

I primi film, di quella che sarà definita la commedia sexy all'italiana, giocano sul rapporto degli italiani con l'altro sesso. Ecco quindi che il maschio latino, l'amante, il divorziato, saranno i protagonisti di diverse pellicole. La cinematografia italiana deborda nell'erotico quando dai film 'cappa e spada' escono i decamerotici, e ai «Sansone contro Godzilla» si sostituiscono «Messalina e Poppea». Le nuove mode portano a un cambio d'abbigliamento, si risparmia nel tessuto. Questo nuovo look giovanile lancia i film come «La liceale», «Il medico… la studentessa», «La minorenne». Sì ma quale minore età? Nel 1975 lo stato italiano promuove la riforma del diritto di famiglia con l'abbassamento della maggiore età da 21 a 18 anni.

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«Il prete sposato», film di Marco Vicario, 1971

Due componenti fondamentali di una branchia di questi film sono l'attore maschio, brutto, comico e imbranato, e l'attrice femmina, stupenda, sveglia e disinibita. La trama in queste pellicole è relativa. Si passa candidamente dalla scuola alla caserma di polizia, dall'ospedale alla casa dell'onorevole. In mezzo a tutto questo ci potrebbe essere: uno spasimante che non riesce a portarsi a letto l'amichetta, un politico marito devoto a cui possono crescere delle corna, una doccia con nudo di donna e almeno un giovane che spia quell'angelica visione, un professore vittima degli scherzi del Pierino di turno, un generale a cui non hanno spiegato che cos'è il militare, ecc. ecc. Alla fine Gloria, Edwige, Barbara o chi altri sia, riuscirà ad avere un (censurato) finale di sesso con l'attore principale, il famoso sconosciuto di ogni pellicola.

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«Il merlo maschio», film di Pasquale Festa Campanile, 1971

Dei vari Gianfranco D'Angelo, Alvaro Vitali, Lino Banfi e via dicendo, rimane il nome legato a una semplice e spensierata comicità. All'interno del collezionismo di locandine dei film, questo genere non è molto ricercato e quindi questi pezzi sono facilmente recuperabili, lo stesso vale per il costo di una raccolta come questa. Vi posso dire che la fotobusta di Edwige Fenech, maestra, spiata mentre fa la doccia, la si porta a casa con una decina d’euro, questi salgono se la bella Edwige è, sempre in doccia, ma a spiarla è l'assassino di turno, con in mano un coltello, pronto a ripetere la scena di Psyco. Non aspettatevi inoltre di trovare nelle immagini evidenti scene di nudo perché la fotobusta doveva essere esposta a un pubblico senza distinzione di età, ricordiamoci che la sua funzione primaria è pubblicitaria; così in alcuni fogli è possibile trovare applicato a quel poco di visibile, dei piccoli quadratini di nastro nero. Non sono assolutamente da rimuovere perché parte oramai integrante e ufficiale dell’oggetto collezionistico come qualsiasi altra striscia presente con l’indicazione «Vetato ai minori di ...».

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«La liceale nella classe dei ripetenti», film di Mariano Laurenti, 1978

Anche queste fotobuste sono un oggetto di valore culturale storico come lo potrebbe essere una vecchia stampa della pubblicità di una prima teatrale o di uno dei primi film dell’inizio del Novecento. Ciò entra in quella cultura di massa dove i media come il cinema raccontano a modo loro la storia, quella molto moderna della nostra nazione, ma oramai distante quasi cinquant’anni.

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