I cinque sensi

Il senso del tatto, maestro di metafisica

Spunti di fisiologia archetipica

di Egidio Missarelli

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Mi rendo conto che è difficile considerare qualsiasi organo di senso senza la sua correlazione con gli altri. Un senso non è mai attivo da solo ma è sempre associato, se ci facciamo caso, a tutti gli altri, con alcuni di più e con altri di meno.

Il tutto si complica se consideriamo che la ricerca scientifica comincia a riconoscere altri sensi oltre ai “canonici” cinque, ad esempio i seguenti: la facoltà cinestetico-tattile, che permette di percepire i propri movimenti; il senso dell’equilibrio, collegato con l’organo vestibolare situato nell’orecchio interno; la sensibilità termica, collegata con i recettori di temperatura situati lungo tutto il corpo e influenzati dalla circolazione sanguigna; la cenestesi, che non è altro che la sensazione globale di benessere o malessere mediata dall’attività del sistema nervoso autonomo…

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Svetlana Zakharova

Per capire a fondo il senso del tatto, così come di qualsiasi altro, dobbiamo però fare lo sforzo di isolarlo dai suoi correlati, immaginandolo attivo di per se stesso.
Facciamo un esercizio. Dobbiamo trasferirci in una stanza buia che non conosciamo, perché nei nostri ambienti abituali abbiamo ricordi e rappresentazioni degli ambienti che ci impediscono di realizzare una pura esperienza tattile. Normalmente quando tastiamo qualcosa guardiamo anche cosa tastiamo, e questo ci distrae dalla nostra pura esperienza di esseri che solo tastano, quindi la nostra stanza deve essere senza luci, immersa in un buio fitto. Un’altra condizione fondamentale è quella di essere nudi come dei, mi scuso per l’espressione, vermi, così da “strisciare come dei vermi” e per la prima volta fare una pura esperienza tattile, isolata da tutti gli altri sensi.

Date le condizioni di cui sopra, cosa sperimentiamo? L’esperienza può essere descritta, anche se è molto difficile restituirla appieno con le parole, pressappoco come il trovare una resistenza, più precisamente sperimentiamo e sentiamo solo un “qualcosa” che ci sveglia, per così dire un primissimo diventar coscienti del nostro limite corporeo perché immediatamente “qualcosa” del mondo urta contro di noi: limite (esterno) urta contro limite (interno)!

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È una sorta di paradosso quello del senso del tatto: se tastiamo, ad esempio, un pezzo di legno, da una parte sentiamo che è una cosa dura (fattore oggettivo) mentre dall’altra sentiamo che è un bel pezzo di legno, ed è meraviglioso toccarlo, una bella sensazione (fattore soggettivo, intimo). Si potrebbe dire che sperimentiamo una zona di confine, il Tutto da cui siamo separati e che attraverso l’esperienza tattile lambiamo: nostalgia archetipica? Questo aspetto lo troviamo espresso poeticamente da Novalis nei suoi Frammenti: “Toccare è separazione e collegamento allo stesso tempo”.

Quale sentimento paradossale ci trasmette il senso del tatto! Sperimentiamo qualcosa che è vicinissimo, che abbiamo tra le mani, e nello stesso tempo questo qualcosa è lontano da noi anni luce, proprio perché è separato da noi! Possiamo ritenere il senso del tatto come il nostro Maestro del dato di fatto che noi siamo separati! Separati da cosa? Da tutto ciò che non è io, dalla natura, dal cosmo eccetera. Ciò che importa è sperimentare il processo che si esprime nel senso del tatto e viverlo con consapevolezza per indagare meglio il significato di questa separazione.

Il mondo attraverso il tatto diventa un enigma: nientepopodimeno, dal senso del tatto nasce la filosofia, la ricerca di “senso”, la metafisica e tutti gli enigmi a cui l’uomo ha cercato, fin dalla notte dei tempi, di dar risposta!

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