I mostri

I mostri

editoriale | Frankenstein è dentro di noi

di Gloria Ciapponi

cappuccio mostro 1280

«Non ho mai visto un mostro o un miracolo più grande di me stesso».
Michel De Montaigne

«I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi. Sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e obbedire senza discutere».
Primo Levi

«I mostri sono reali e anche i fantasmi sono reali. Vivono dentro di noi e, a volte, vincono».
Stephen King

«Tutti gli uomini sono dei mostri. Non c’è altro da fare che cibarli bene. Un buon cuoco fa miracoli».
Oscar Wilde 

Nell’antichità spesso i mostri non erano entità reali, ma popolavano i bestiari medievali ed erano chiaramente frutto della fervida immaginazione umana. Altre volte invece comparivano nei trattati come esemplari di fantastiche popolazioni ai confini del mondo. Ma in alcuni casi, dietro alle stupefacenti descrizioni del loro aspetto, si nascondevano bambini reali nati con gravi deformità e destinati nella maggior parte dei casi a una rapida morte.

Nel Trecento un cronista fiorentino ci racconta che a Prato era nato un bambino con una sola testa e due corpi, una creatura «mostruosa e meravigliosa» che forse preannunciava sciagure alla popolazione. La nascita di bambini affetti da gravi deformità era fonte di sconcerto per tutti. Infatti era opinione diffusa che queste creature fossero terribili segni divini e il pregiudizio che li permeava non scomparì con l’avvento della cristianità.

Dal 15° secolo in Europa le creature mostruose diventarono un fenomeno di grande interesse a seguito di un’eccezionale proliferazione editoriale dei testi che ne trattavano: in questo contesto erano pensati come parte di un sistema di segni che preannunciava eventi futuri di portata straordinaria prestandosi così a diversi tipi di lettura: morale, allegorica, ma anche profetica, politica e religiosa.

Ai mostri si attribuiva un’aura sovrannaturale e si traduceva in un atteggiamento di rifiuto e repulsione, ma queste creature non sono sempre state considerate sotto una luce negativa. Aristotele per esempio ne aveva rigettato una lettura di carattere sovrumano e aveva individuato la loro origine nel malfunzionamento dei meccanismi biologici e fisiologici. Ricollocando la mostruosità in un contesto naturale si attenuava il senso di terrore che essa esercitava e favoriva invece un atteggiamento di curiosità e fascino.

pagliaccio mostri 1920

La mostruosità era un argomento di interesse anche e soprattutto per filosofi e uomini di scienza del 18° secolo. A loro giudizio la natura non ammetteva deroghe alle sue rigide leggi di funzionamento. Secondo questa concezione i mostri erano creature perfettamente spiegabili nei termini di un sovvertimento delle regole che reggevano il normale corso della natura, quindi non meraviglie, ma errori.

A ogni modo non siamo tutti uomini di scienza e ogni popolo sulla Terra, nei millenni che precedono l’era moderna, ha creato storie, tradizioni, miti e credenze legate ai mostri, creature leggendarie e animali fantastici. Siamo stati terrorizzati e affascinati dai mostri per migliaia di anni. Da Frankenstein, nel 1818, i mostri sono tornati a essere uno strumento creativo per molti romanzieri e registi, caratterizzando l’immaginario occidentale contemporaneo.

Ed è proprio nella contemporaneità che troviamo una nuova concezione di mostro nella definizione del serial killer o assassino seriale, un pluriomicida di natura compulsiva, che uccide persone con aventi tratti comuni quali l'età, il sesso o la professione, con specifiche preferenze e un modus operandi caratteristico. I serial killer hanno seminato terrore, morte e in alcuni casi persino casi di emulazione, diventando da qualche tempo un argomento particolarmente attraente, tanto da trasformarsi in un vero e proprio topos della serialità televisiva, che ha attinto a piene mani dalla cronaca nera.

Ma è importante ricordarci che dietro quelle storie si nascondono spesso persone in carne e ossa, vittime e carnefici, vite spezzate spesso con modalità tanto feroci da sembrare irreali. La criminologia moderna ha iniziato a occuparsene in modo sistematico a partire dagli anni Settanta alimentando quella che è una peculiarità umana per eccellenza, la curiosità. Perché tendiamo a violare il presupposto per cui istintivamente si dovrebbe tendere ad avvicinarsi a ciò che è buono e a evitare ciò che è cattivo? Sembrerebbe che gli esseri umani siano in grado di provare nello stesso momento sentimenti positivi e negativi quando esposti a stimoli avversi. Si tratta di un meccanismo chiamato co-attivazione e spiega come, quando siamo spaventati, in realtà potremmo essere anche divertiti, dando una correlazione positiva tra emozioni opposte, come la paura e il piacere.

Un altro fattore che spiega l’attrazione collettiva per la figura del serial killer è il bisogno di ricercare spiegazioni e motivazioni, trovarle permetterebbe di prevedere le azioni future del 'mostro' e aiuterebbe a evitare o prevenire i suoi crimini, riducendo di conseguenza la nostra paura.

faccia mostri 1920

Abbandoniamo invece la ragione e il letterale e addentriamoci nel luogo dove abitano davvero i mostri, cioè dentro di noi, partendo dall’etimologia della parola monstrum, prodigio, cosa straordinaria, contro natura, che si mostra, insomma definiamo il mostro una parte di noi contro natura che vuole mostrarsi, qualcosa di prodigioso che va oltre l’ordinario modo di vedere le cose e che vuole farci cambiare direzione.

Il mostro però, in un’altra accezione, è anche qualcosa di spaventoso e terribile che minaccia l’ordine sicuro della psiche, correlato spesso alla cattiveria, magari causato dai traumi infantili, o da una tara ereditaria, dalle norme di condotta collettive, dal Karma o dallo Zeitgeist, dalla chiamata del demonio stessa e la lista può essere ancora lunga. Alla fine, a prescindere da qualsiasi teoria, dobbiamo accettare l’idea che i mostri ci appartengono e cioè che noi siamo i nostri mostri e che l’unica soluzione è dialogare con il nostro male per compiere il nostro bene.

I mostri sovrannaturali sono espressioni pure dell’archetipo mostruoso che ci attraversa. Per questo motivo indagare dentro di sé è un atto di coraggio. Significa affrontare fantasmi, licantropi, sfingi e cerberi. Non è un viaggio esplorativo per tutti, insomma, perché è un percorso che fa davvero paura, ci impone la perdita del controllo, ci mostra che siamo anche altro, straordinario e abominevole al contempo.

 


E se volete conoscere un altro mostro...

 

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