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Care lettrici - Cari lettori

Sei in Valle è un contenitore culturale, un trimestrale che lancia con questa periodicità dei temi stimolanti, intriganti. Li lancia come una sfida per i nostri collaboratori che scrivono nella propria rubrica dedicata e per chi ci legge, mosso da una sana curiosità. A voi la scelta! Leggere partendo da un tema o farlo consultando la rubrica che più vi interessa.

La meraviglia, questa sconosciuta!

La chiave per riprendere la vita nelle proprie mani

di Egidio Missarelli

lesen meraviglia olismo

"Il massimo sarebbe comprendere che tutti i fatti sono già teoria... Non si cerchi nulla dietro i fenomeni, essi stessi sono già una dottrina." [ J. W. Goethe]

Il fatto saliente della nostra epoca così difficile, ma proprio per questo straordinaria, consiste, a mio avviso naturalmente, nella mancanza totale della capacità e facoltà di meravigliarsi sostanzialmente di tutto, e per rifondare la conoscenza del tutto la meraviglia è una delle qualità imprescindibili. Sembriamo perennemente assuefatti da ciò che ci sta attorno, da ciò che siamo, dalle vicissitudini della vita che ci "capitano" e che magari vorremmo diverse e migliori, dai soliti circuiti e automatismi mentali che ci danno subito la risposta a domande che spesso neanche abbiamo avuto l'occasione di porre in maniera chiara ed esistenziale... Tutto sembra già confezionato per benino e noi dobbiamo soltanto assimilare contenuti che altri hanno elaborato, senza neanche verificare se hanno preso lucciole per lanterne, e spesso questo è il caso!

Agli albori del pensiero, nell'antica Grecia, Platone e Aristotele confessano e dichiarano a chiare lettere che alla base di tutta la filosofia - e ricordo che a quei tempi per filosofia si intendeva la conoscenza in senso lato -, c'è la meraviglia. E mi consta che la produzione di pensiero di quei tempi sia stata talmente poderosa e ciclopica al punto da educare e influenzare il pensiero per tutti i secoli a seguire.

Che avesse ragione Platone? Che la evidente carenza – sarebbe più corretto dire, con Heidegger, l'assenza - di pensiero della nostra epoca debba ascriversi all'incapacità di meravigliarsi del creato, di tutto l'esistente? Che la carenza di senso e di approfondimento, capillarmente diffusa, sia causata dal fatto che la meraviglia non venga coltivata fin dalla tenera età?

La nostra epoca illuminata e intelligentissima, intellettualmente capace di dimostrare tutto e il contrario di tutto e che ha tutte le risposte in quelle "scatole da conserva" chiamate libri, richiede ai suoi sempre più numerosi accoliti di allontanare da sé la capacità di meravigliarsi nei confronti di tutto ciò che viene sottoposto a indagine, tutto deve avere carattere di mummia e portare, dunque, a una conoscenza mummificata. Con questo atteggiamento non si è forse però del tutto persa la capacità di entrare in relazione con l'insieme armonico del mondo, di per se stesso organico e vivo, intercorrelato, la cui frammentazione porta ad analizzare e conoscere bene una cosa morta e che proprio per questo storna dalla realtà vera e vivente? Timide avvisaglie di questo sentore si possono trovare oggi presso quegli scienziati, artisti e ricercatori un po' più maturi, ma proprio per questo incompresi e marginalizzati.

Un impulso importante in questa direzione è stato dato già da tempo da Goethe, quando scrive nelle sue opere scientifiche: "Il massimo sarebbe comprendere che tutti i fatti sono già teoria... Non si cerchi nulla dietro i fenomeni, essi stessi sono già una dottrina." E se la cosa veramente importante, come suggerisce Goethe, fosse il rendersi maturi per poter così imparare dalle cose stesse e comprenderne così la verità intrinseca?

In questa nostra epoca caratterizzata da un lato dal lasciarsi vivere e dall'altro da un intellettualismo vacuo e sfrenato, non si capisce la cosa più importante e urgente da fare: il cambiamento di se stessi, la trasformazione della propria interiorità, della propria coscienza, che può essere realizzata solo se ciò che si pensa scende dalla testa al cuore, facendosi carne e sangue. Una tra le principali virtù, ormai del tutto perse, ma conditio sine qua non per la suddetta trasformazione, è appunto la meraviglia.

Si provi a fare un esperimento: da oggi si decida di essere più concentrati nelle cose che si fanno, di prestare più attenzione anche alle cose che apparentemente sembrano banali. Ad esempio, si sta leggendo un libro: si decida di non passare velocemente da una frase all'altra, ma di penetrarne il senso con calma e massima attenzione. Oppure si sta ascoltando una persona che parla: si decida di essere totalmente presenti in questa situazione, con un'attenzione a quello che viene detto potenziata al massimo delle proprie possibilità. Proviamo per un certo periodo a continuare così in ogni occasione e situazione di vita: scopriremo in essi dei veri e propri momenti di meraviglia! Se non si vuole parlare astrattamente ci si deve calare totalmente in questa esperienza come se fosse, e in realtà lo è, la cosa più importante della nostra vita; mi sento di caratterizzarla come meraviglia delle meraviglie, perché l'esperienza vale più di mille parole!

Concludo con una provocazione, legata alla possibilità o meno di sviluppare la meraviglia nel corso del processo educativo: e se una parte importante della sterilità interiore largamente diffusa, fosse primariamente causata da ciò che venne scritto, secondo molti studiosi con intuizione profetica, da William Torrey Harris - US Commissioner of Education dal 1889 al 1906 -, e cioè che "novantadue studenti su cento sono automi, attenti a marciare su sentieri prescritti, attenti a seguire gli usi prescritti. Ciò non è un caso, ma il risultato di una effettiva educazione che, scientificamente definita, è la sussunzione dell'individuo?"

 

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